Gli ultimi saranno i primi, o forse lo sono già.

"Tutti vogliono viaggiare in prima", canta con vigore un cantautore italiano di successo. Ma cos'è quella prima di cui parla? La prima classe? E la prima classe è prima per quale motivo?

Come sfortunato pendolare, ho visto pendere sulla mia testa la pesantissima spada di Damocle del treno delle 7.30 del mattino, ho assaporato l'aroma tostato del treno intercity delle 18.30 la sera, proveniente da Napoli c.le e diretto a Milano c.le, ho assaggiato l'atmosfera, onirica devo ammetterlo, di quel delirio a metà tra sacro e profano che infervora le menti assetate di avventura che si mettono da sole, e consapevolmente, in quella scatola metallica su rotaie, e aspettano.

Lì in mezzo, c'è un'oasi, o almeno così sembra essere dal listino prezzi, chiamata "prima classe", dove volano draghi e fatine incantate, l'igiene è meticolosamente curata da Mastro Lindo in persona e c'è un bagliore aureo che accompagna il viaggiatore stressato sull'isola che non c'è, a banchettare al baccanale di Peter Pan.

Ora, dato che non sono un utilizzatore di LSD o allucinogeni simili, naturalmente non posso che pormi una domanda: che differenza c'è tra una prima classe versione "large" della seconda classe "small", se l'aroma, la frenesia, lo stress sono gli stessi? Resta costante un elemento: l'attesa.

Aspettiamo sempre, un giorno aspettiamo un treno, il giorno dopo aspettiamo l'esito di un concorso, aspettiamo l'occasione della vita, il traghetto, il principe azzurro, il led della lavatrice, il ring del forno a microoonde e aspettiamo persino un bambino, aspettiamo che inizi il programma preferito e aspettiamo che la ruota giri dal verso giusto, aspettiamo che la pillola faccia il suo effetto o che il nostro partner la smetta di tradirci senza pudore, aspettiamo che un genitore capisca che le ali sono abbastanza larghe per dischiudersi o che un figlio si renda conto che ha delle responsabilità, aspettiamo che aprano i negozi, o semplicemente un bar per fare colazione dopo tutta notte passata in una discoteca o a fare l'amore in una macchina.

La prima classe è attesa tanto quanto la seconda. Siamo artefici del nostro destino? Siamo piuttosto artefici della nostra classe? Io credo di no. Siamo artefici solo di una cosa: scegliamo in quale fila attendere, e ci manteniamo aperta una via di fuga per cambiare fila in extremis e passare davanti a tutti gli altri. Bella fortuna.