Busi (le) canta (a) Minzolini

Ecco la lettera integrale pubblicata dall'Ansa, indirizzata al direttore Augusto Minzolini e al Cdr, e per conoscenza al direttore generale della Rai Mauro Masi, al presidente dell'azienda Paolo Garimberti e al responsabile delle Risorse umane Luciano Flussi.

Una scelta difficile ma obbligata

Maria Luisa Busi lascia il TG1: "Oggi l'informazione del TG1 è un'informazione parziale e di parte"
“Caro direttore - scrive la Busi - ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell'edizione delle 20 del TG1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa è per me - prosegue - una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il TG1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori.

Una volta era il giornale di tutti

Come ha detto - osserva la giornalista - il presidente della Commissione di Vigilanza Rai Sergio Zavoli: 'la più grande testata italiana, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare insieme con la sua identità, parte dell'ascolto tradizionale’.
Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perchè è un grande giornale. È stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella. Il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati. Questo è il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani.

L'informazione del Tg1 parziale e di parte

Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non è mai stato il giornale di una voce sola. Oggi l'informazione del TG1 è un'informazione parziale e di parte.
Dov'è il paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi salari peggiori d'Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare avanti perchè negli asili nido non c'è posto per tutti i nostri figli? Devono farsi levare il sangue e morire per avere l'onore di un nostro titolo. E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie.


Dove sono i giovani, i precari, i cassintegrati?

Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i cassintegrati dell'Alitalia? Che fine hanno fatto? E le centinaia di aziende che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perchè falliti? Dov'è questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare? Quell'Italia esiste. Ma il tg1 l'ha eliminata.


Anche io compro la carta igienica per la scuola di mia figlia

Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel TG1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale.
L'Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un'informazione di parte - un editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro sull'inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato, smentito dai fatti il giorno dopo - e l'infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo.

Arricchiamo le sceneggiature dei programmi di satira

Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della più importante azienda culturale del Paese. Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di più alto profilo e interesse generale.
Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali: levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una conduttrice, può soltanto levare la propria faccia, a questo punto. Nell'affidamento dei telespettatori è infatti al conduttore che viene ricollegata la notizia. È lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori.

I fatti dell'Aquila quando mi gridavano "vergogna"

I fatti dell'Aquila ne sono stata la prova.
Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. È quello che accade quando si privilegia la comunicazione all'informazione, la propaganda alla verifica.

Dissentire non è tradire: punto 1

Ho fatto dell'onestà e della lealtà lo stile della mia vita e della mia professione. Dissentire non è tradire. Non rammento chi lo ha detto recentemente.
Pertanto:
1) respingo l'accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche che ho espresso pubblicamente - ricordo che si tratta di un mio diritto oltre che di un dovere essendo una consigliera della FNSI - le avevo già mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito di leale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la circolazione delle idee e la pluralità delle opinioni costituisca un arricchimento.

Non sputo nel piatto in cui mangio: punto 2

Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma è palese che non c'è più alcuno spazio per la dialettica democratica al TG1. Sono i tempi del pensiero unico. Chi non ci sta è fuori, prima o dopo.
2) Respingo l'accusa che mi è stata mossa di sputare nel piatto in cui mangio. Ricordo che la pietanza è quella di un semplice inviato, che chiede semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e onesti.
E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai, lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le loro conventions, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non debba trarre profitto dal proprio ruolo.

L'intervista a Repubblica: punto 3

3) Respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera dopo l'intervista rilasciata a Repubblica, lettera nella quale hai sollecitato all'azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti: mi hai accusato di ‘danneggiare il giornale per cui lavoro’, con le mie dichiarazioni sui dati d'ascolto.
I dati resi pubblici hanno confermato quelle dichiarazioni.
Trovo inoltre paradossale la tua considerazione seguente: 'il tg1 darà conto delle posizioni delle minoranze ma non stravolgerà i fatti in ossequio a campagne ideologiche’. Posso dirti che l'unica campagna a cui mi dedico è quella dove trascorro i week end con la famiglia. Spero tu possa dire altrettanto.

Gli attacchi de Il Giornale, Libero e Panorama

Viceversa ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale Panorama - anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me diretta - hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni.
Sono stata definita 'tosa ciacolante - ragazza chiacchierona - cronista senza cronaca, editorialista senza editoriali' e via di questo passo.
Non è ciò che mi disse il Presidente Ciampi consegnandomi il Premio Saint Vincent di giornalismo, al Quirinale. A queste vigliaccate risponderà il mio legale. Ma sappi che non è certo per questo che lascio la conduzione delle 20.

Serve più rispetto per le notizie, il pubblico e la verità

Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo molto: rispetto. Non di ammirazione viviamo, dice, ma è di rispetto che abbiamo bisogno.
Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verità. Quello che nutro per la storia del TG1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere.

Cambio d'abito per Repubblica.it

Dario Fo e Franca Rame tra i numerosissimi link del nuovo sito proposto da Repubblica.it. Nuova veste, nuova aspirazione per uno dei quotidiani indiscutibilmente protagonisti della scena giornalistica italiana fin dall'anno di fondazione, 1976. Repubblica.it, un sito web che offre tutti i vantaggi del quotidiano, a portata di click.

Mentre nomi come Fo, la Rame, Augias e Chopin a fondo pagina lasciano intendere anche un interessamento di più ampio respiro, che consente di riassaporare quel retrogusto di cultura tipico dei giornali del Settecento, gli ingredienti dell'informazione ci sono ancora tutti. Non a caso, la nuovissima opzione inserita in alto a sinistra annovera la possibilità di consultare il quotidiano on line. Come a dire che Repubblica.it non è subalterno al cartaceo, ma lo comprende e dilata, con tanto di link ai supplementi e alle notizie "infosnacking", pronte per la consultazione rapida degli impiegati d'ufficio o degli studenti affamati di informazioni fast food.

Da Aprile 2010 una nuova homepage dunque, sviluppata su una preponderante "navata centrale", farcita di video ed immagini, tutto rigorosamente attraente per l'occhio del visitatore. Ma è la leggerezza l'elemento che maggiormente risalta in questa nuova formula: l'homepage diventa infatti un sommario da cui muoversi tra i link delle notizie più fresche oppure in quelle d'archivio, in pochissimi secondi. E poi sport, viaggi, intrattenimento e tutti i prodotti del popolo del web nell'area dedicata alle news "dal network".

16 sezioni nella parte bassa della pagina web su ogni tipo di argomento: la varietà al servizio della personalizzazione. In questo Repubblica.it, del gruppo L'Espresso, si rivela ancora una volta al passo coi tempi, consapevole di quanto sia importante coltivare il senso di potenziale onniscienza dell'utente multitasking medio di Internet.

Un cambiamento positivo, anche se ricorda un po' la formula già adottata dalla versione web del Corriere della Sera. Ma poco importa, se a guadagnarci è l'ergonomia della pagina. Non si può dire altro a questo punto, l'unico modo per scoprire i veri mutamenti del sito è visitarlo.

www.Repubblica.it

Buona navigazione.

Il mio provino molto X e poco Factor - Atto III

S. è visibilmente agitata, ma parte bene. Lei ha portato il suo pezzo forte, "I will survive" di Gloria Gaynor, tanto per dare del ritmo alla giornata. Poi il pezzo in italiano, "Eppure Sentire" di Elisa. Lì qualcosa non va, si rompe la nota, lei va in panico, ma porta a termine il pezzo. Non è convinta e non convince le ragazze, sempre più spazientite. Peccato, S. è davvero brava solitamente. Il terzo nome naturalmente non è il mio; fortuna vuole che io sia sempre l'ultimo e che, se per natura non mi agito, mi debba agitare per causa indotta: l'attesa. Della terza esibizione non ho ricordi, tanto è stata breve.

Ecco il momentone, quello che immagino da tutto il giorno: mi alzo, sistemo il cravattino e comincio a cantare. "At Last" di Etta James, la più parte della gente la conosce come colonna sonora del film "Pleasentville", io la conosco perché è una delle canzoni d'amore più belle del '900. A questo punto però devo fare una precisazione: cosa succede a chiunque debba fare un'audizione proprio il giorno prima dell'evento? La risposta è tonsillite. La mia gola proprio ora si è messa a bruciare, come se fosse in atto uno dei film di Quentin Tarantino tra il mio velopendulo e la mia trachea. Ma canto. Accidenti se canto! Non mi ricordavo un volume simile e un'emissione tanto ben controllata da tempi immemori! Ben fatto, mi dico. Poi arriva il pezzo in italiano, "Fa che non sia mai" di Eramo e Passavanti. Benino.

Finita la performance, le ragazze mi scrutano un po' e poi congedano tutto il gruppo. Usciti dalla stanza, una delle hostess dell'hotel ci comunica che saremo richiamati solo se selezionati di lì ad un massimo di tre mesi. Lascio immaginare l'esito dell'audizione.

Ora siamo lì, in un ascensore che scende e che ci porta verso l'uscita, tra una chiacchiera e un complimento reciproco, tra l'entusiasmo e la disillusione. Ma consapevoli di una cosa: il provino del factor non ha proprio cercato nulla. E' stata tutta una grande X. E sulla matematica non si può dibattere...

Il mio provino molto X e poco Factor - Atto II

Eccomi qui, tra le stanze lussuose e sfavillanti di un hotel business class 5 stelle, tutto rosso tra tendaggi, arredamenti e moquette. Si direbbe una via di mezzo tra un interno minimal e lo stile Impero, o forse sono solo troppo stanco dalla fila che ho affrontato per poter distinguere cosa sia davvero lo stile Impero. Due ore e quarantacinque minuti di fila, ebbene sì, non un minuto di più non uno di meno. Ma ora sono qui, l'attesa non può...che essere all'inizio, naturalmente.

Una sala gremita di gente stralunata così l'avevo vista raramente prima, forse in qualche altra audizione teatrale, o forse alla fiera di San Simone in un paesino vicino al mio. Una telecamera gira, ovviamente si guarda bene dall'inquadrare gente normale come noi: si focalizza su una ragazza, che più avanti si scoprirà essere Ambra Marie, una delle prescelte da Simona Ventura per la sua categoria degli under 25. "Canta bene la ragazza", mi dice S., con la faccia sconvolta dalla tensione. E come biasimarla: a parte me, che sto lottando tra il sonno e la veglia, in quella sala ci sono decine di persone che credono nel Sogno, sì, proprio quello con la S maiuscola. Io dormo.

Non è passata nemmeno un'ora che il mio numerino si è già staccato, quello adesivo che si vede anche in tv e che viene distribuito all'ingresso agli sprovveduti che ancora non sanno della fila che li attende. Ma poi eccolo! Il grido che mi sveglia di soprassalto, occhi sbarrati e un velo di panico mischiato alla classica domanda di chi da dormiente si desta: "ma dove sono?!?!". E' la ragazza della produzione che urla i primi numeri chiamati al giudizio supremo dei giudici. Coma sarà oggi Morgan? E la Maionchi? E se stonassi? E se... E se...

Non so perché ma la percezione del tempo vola e già il mio numero è stato chiamato. Giusto il tempo di correre e farmi vedere che già la ragazza della produzione mi riprende perché ci ho messo due minuti di troppo, perché "qui, c'è gente che lavora". Io invece mi sto divertendo...
Ascensore. Siamo in un gruppo di quattro persone e il caso o la fortuna hanno voluto che con me sia capitata anche S., ora più bianca che mai.

Finalmente arriviamo al piano e, dopo un paio di minuti di abbandono totale davanti ad una porta chiusa, veniamo invitati ad entrare, tutti e quattro. L'amara sorpresa: non sono i tre giudici a farci il provino, ma due avvenenti e particolarmente nervose ragazze della produzione, sedute ad almeno quattro metri di distanza da noi. La comunicazione è scarna, ridotta all'essenziale. D'improvviso dal silenzio avido di tensione che pesa sui nostri apparati cardiaci in fibrillazione, un nome secco e senza ombra di dubbio: il primo è chiamato a cominciare.

Ricordo perfettamente la canzone che ha preparato, un ragazzino poco più che diciottenne, molto dotato e straordinariamente preparato in ambito di cultura musicale: "Smile" di Charlie Chaplin, un capolavoro che Morgan, nell'edizione successiva a questa, userà per una sua concorrente. Sono estasiato. E' intenso e molto dolce, una canzone meravigliosa interpretata come i grandi interpreti sanno fare. Ma niente da fare. Torna il silenzio e BAM! Il secondo nome che tuona nell'aria. E' la volta di S.

[...to be continued...ancora]

Il mio provino molto X e poco Factor - Atto I


Riaprono le audizioni di X Factor "made in Italy", la versione nostrana del celebre format partorito dalla controversa mente di Simon Cowell, produttore discografico e televisivo originario di Brighton, Regno Unito, classe '59. Naturalmente, gli ingredienti sono sempre gli stessi, ma le indiscrezioni sembrano ancora premature. Per il momento solo un numero telefonico e un sito web alimentano i "sogni" e le speranze di migliaia di giovani in tutta la penisola.

E' Settembre appena iniziato quando il mio cellualre squilla insistentemente nella tasca dei miei pantaloni. Uno squillo, due e infine mi decido a rispondere. E' la redazione di X Factor, che mi comunica che la mia telefonata di un paio di mesi prima è stat registrata e che mi è stato assegnato un posto nella grande giornata delle audizioni di Milano. La data fissata è per il 3 Ottobre. Saranno necessari pazienza, un bell'aspetto e due canzoni, una in italiano e una in inglese, rigorosamente "conosciute" (ma da chi?).

Il fiato in gola, l'attesa aumenta e aumentano anche le serate al karaoke con la mia compagna di canto di sempre, S., che sosterrà con me l'audizione. Finlamente eccolo, il tanto agoniato 3 di Ottobre. Treno alle 7.15 del mattino, sperando che non ci siano intoppi nel viaggio. Mentre S. si riduce al mutismo, tutta chiusa nella sua concentrazione musicale, io continuo a pensare che dovevo proprio essere stupido per non avere pensato al caffè. E' incredibile come sui treni i carrelli del bar mobile passino solo quando c'è l'ingorgo per il mero gusto di passare sui piedi di chi, come me, è costretto ad albergare, in piedi naturlamente, lungo i corridoi dei vagoni!
Ore 10.00 arrivo. Maledizione! E' tardissimo, ma adesso no, non sono disposto a passare davanti alle calde ed accoglienti vetrine dei bar senza fermarmi almeno un minuto per degustarmi il mio ritualissimo caffè!

Eccolo lì, caldo, fumante, invitante e seduttivo, con quella schiumina bianca che tanto ho immaginato durante il viaggio. Ma il ritardo ormai è troppo, quindi bevo velocemente e a passo spedito, molto più spedito di quanto credevo di poter fare, arrivo davanti all'hotel stabilito. Un palazzo degno dei più grandi vertici internazionali, con tanto di bandiere, vetrate e uno strano retrogusto di economia e affari. Un po' di "colore artistico" in fondo non ci sta male!

Comincia la trafile di una giornata che si promette già lunga e faticosa. Fila interminabile davanti a noi; non se ne vede la fine, forse perché non c'è... Arriva Francesco Facchinetti con il suo microfono, jeans e maglietta e l'inconfondibile stile del ragazzo della porta accanto, non la mia, ma accanto a quella di qualcun altro sarà di sicuro. Comincia lo spettacolo di decine di ragazzi, ragazze, uomini, donne e anziani di varia integrità mentale che incrociano le braccia e gridano "X FACTOR!": mi astengo. Non per pregiudizio, ma non me la sento proprio, ho troppo freddo e ho già voglia di un altro caffè...

[to be continued, che fa un po' Hollywood]

Franco Battiato - Inneres Auge [HD]

Inneres Auge - F. Battiato

Come un branco di lupi
che scende dagli altipiani ululando
o uno sciame di api
accanite divoratrici di petali odoranti
precipitano roteando come massi da
altissimi monti in rovina.

uno dice che male c'è a organizzare feste private
con delle belle ragazze
per allietare primari e servitori dello stato?

non ci siamo capiti
e perché mai dovremmo pagare
anche gli extra a dei rincoglioniti?

che cosa possono le leggi
dove regna soltanto il denaro?
la giustizia non è altro che una pubblica merce…
di cosa vivrebbero
ciarlatani e truffatori
se non avessero moneta sonante da gettare come ami fra la gente.

la linea orizzontale
ci spinge verso la materia,
quella verticale verso lo spirito.
con le palpebre chiuse
s'intravede un chiarore
che con il tempo e ci vuole pazienza,
si apre allo sguardo interiore:
inneres auge, das innere auge

la linea orizzontale ci spinge verso la materia,
quella verticale verso lo spirito.
la linea orizzontale ci spinge verso la materia,
quella verticale verso lo spirito.

ma quando ritorno in me,
sulla mia via, a leggere e studiare,
ascoltando i grandi del passato…
mi basta una sonata di corelli,
perché mi meravigli del creato!

La mia Scheda

Restare nell'anonimato, per quanto sia affascinante, rischia di aiutare a mantenere l'incomunicabilità che mi ha mosso ad aprire questo blog. Ecco perché ho in mente nuovi orientamenti, un'apertura dei temi e, soprattutto, la mia presentazione.

Dati Anagrafici:
Nome: Claudio
Cognome: Pedrazzini
Nato: il 10 Nov. 1986 a Reggio Emilia

Percorso di Studi:
Diploma Linguistico-Economico; Laurea Triennale in Scienze della Cultura (mediazione interculturale, MO), attualmente iscritto al corso di Giornalismo e Cultura dell'Editoria (PR)

Tesi di Laurea:
Tesi di RICERCA (con fonti storiche da '300 a '700), "Il nemico invisibile", un'analisi di storia della medicina sul trattamento medico della follia prima dell'apertura dei nosocomi settecenteschi (con focus sul S. Lazzaro di Reggio Emilia), 250 pp.

Ambizioni future:
Studiare con occhio storico-sociale i cambiamenti della cultura, della società e della psicologia umana: in poche parole, la ricerca accademica. Ebbene sì, all'università ci sto bene e se riuscirò vedrò di rimanerci!

Bene, ora non sono più un anonimo surfer della Rete. Quindi si può proseguire il discorso.